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La radio di mio zio

15-04-2014

Sriram ha settantasei anni, insegna english conversation a Sarnath, nella scuola Alice Project ed ha partecipato al corso di scrittura autobiografica dle gennaio 2009

Quelli erano i giorni in cui potevi ancora vedere sula strada camion che andavano a carbone. Un inglese che aveva lavorato in India a lungo per il suo governo doveva tornare a casa , in Inghilterra. Vendette molte delle sue cose, inclusa una grande radio, che comprò mio zio. Per averla pagò una somma con cui avrebbe potuto prendere un discreto pezzo di terra. Comunque , aveva deciso di investire il suo denaro nella radio e questo gli portò molto più prestigio nel villaggio di un qualunque pezzo di terra.

Mio zio portò la radio a casa, ma non sapeva come metterla in funzione. Aspettò mesi perché un suo amico venisse dalla città per aiutarlo a mettere in funzione il marchingegno . Il giorno in cui l’amico di mio zio arrivò c’era a casa un’atmosfera di festa. La grande notizia della messa in funzione della radio si sparse come onde radio prima che la si accendesse. Anche i bambini venivano verso casa nostra, bilanciando sulle anche fratellini e sorelline ancora più piccoli. Si unirono alla riunione molto eccitati, pieni di aspettative. Come tutti gli altri, del resto.

Cinque o sei giovanotti andarono a prendere in un boschetto di bambù le due canne più lunghe che poterono trovare.

Le canne furono fissate sul tetto a ciascuno dei due lati della casa e un lungo filo metallico fu teso tra i due pali. Un cavo usciva dalla radio per connettersi nell’aria con quello fissato ai bambù. Un altro cavo partiva dalla radio per finire in una buca nel terreno. Nel piccolo mondo contadino , buche di quel genere si facevano per piantare un alberello, mai per seppellire un cavo.

L’amico di mio zio fornì la batteria della sua macchina come fonte di energia. E per fortuna che era venuto in macchina, altrimenti non sarebbe stato possibile accendere la radio, perché quel tipo lì andava solo con la batteria d’auto.

Quando tutto fu pronto, l’amico di mio zio girò la manopola, ma non un suono emerse dall’apparecchio. Di tanto in tanto mormorava “ stazione” mentre cercava di sintonizzare. A quel tempo, associavo la parola “ stazione” solo ai treni. Mi aspettavo di sentire il rumore tumultuoso dei passeggeri che salgono e scendono dalle carrozze. . Infine, quando un’eterica voce giunse dalla radio, portando il mondo nel mio villaggio, mi illuminai: avevo capito cosa era una stazione radio. I paesani che avevano aspettato così a lungo, eccitati, sobbalzarono a udire per la prima volta la voce disincarnata che usciva dalla radio- la radio che mio zio aveva preferito a un pezzo di terra.

Sriram Jaiswal


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