
15-04-2014
Ore 22:00.
La giovane sul letto sudava freddo. La sua mano tremava.
– Non ce la faccio più. Non posso più sopportare. Quanto tempo manca?
– Poco. Manca poco. Ora calmati. Dammi la mano. Fidati di me.
Ore 02:40
– Ma credi che io muoia stanotte? Credi che non arrivi viva alla mattina?
– Sorellina. Sorellina mia... Ascoltami bene, tu sei già morta. Lo senti come sei fredda? Il tuo viso è giallo. È già da più di un’ora che il tuo cuore si è fermato. Ora calmati. Sono quasi le tre. Tu sei morta poco dopo l’una. Capisci?
– Oh, Dio mio, sono morta. Che sarà di me? Cosa devo fare, Marco? Cosa devo fare ora?
– Niente. Stai calma. Non ti serve a niente agitarti, va bene? Senti ancora dolore?
– No, non più.
– Vedi?
– Ho solo freddo, Marco.
– Anche quello passerà.
– I morti mi fanno paura. Come sto ora?
– Sei ancora molto bella. Eri la più bella della famiglia, di noi tutti. Ci hai lasciati così giovane. Povero papà, che ti adora tanto. Che ne sarà di lui...
Ore 06:40
Il vecchio è sulla sedia a dondolo, col volto nascosto tra le mani. La madre è in piedi al centro del salotto. Preme una mano sull’altra sopra il petto.
La figlia esce dalla sua stanza. Cammina insicura, è tutta nuda, e si regge a fatica sulle gambe fini e lunghe. I capelli le cadono ancora umidi sulle spalle. Attorno agli occhi e sulle guance, il giallo della pelle ha acquisito un tono grigiastro, come se qualcuno l’avesse schiaffeggiata.
– Figlia mia, ma sei nuda...
La madre fa un passo verso di lei, ma il figlio la blocca, trattenendola per il braccio. La ragazza si spaventa, si fa schermo con le mani, e poi, spossata, si siede sul bracciolo del divano.
– Mamma, lasciala. È morta. Guardala. È morta durante la notte, mamma.
– No! Non è possibile... Oh, Signore, non è possibile.
Il padre finalmente alza la testa. Ha gli occhi rossi e dilatati.
– Se fosse morta, come dici tu, ora non sarebbe lì seduta di fronte a noi, no?
– Oh papà. Mio papà... – dice la ragazza, con una tristezza senza rimedio.
– È una questione di poco tempo ora, papà. – risponde il ragazzo. Purtroppo è così. Fra poco verranno a prenderla.
– Marco, che faccio? – chiede lei, stordita.
– Torni a letto. Ti sdrai, e fra poco vengo a coprirti. E non ti alzare più, va bene?
– Sì.
– Hai ancora freddo.
– No.
– Ora vai.
– Ma mi porteranno via...
– Sì, devono portarti via. Però bisogna che qualcuno li chiami. Lo fai tu, papà?
Ore 10:25
Due uomini in tuta verde posano piano una bara di metallo rinforzato accanto al letto. La ragazza è sdraiata sotto il lenzuolo bianco, il volto coperto. Gli uomini alzano il suo corpo reggendolo per le ascelle e le caviglie, e rapidamente lo depositano nella cassa. Poi la sollevano per le maniglie e la portano verso l’ambulanza che li aspetta fuori. L’autista, sentendoli arrivare, accende il motore.
Il padre, attonito, osserva dall’uscio gli uomini che infilano la cassa nel furgone. Fatica a reggersi in piedi. Senza sapere bene cosa fare, alza la mano in un ultimo cenno di saluto.
– È finita, papà.
– Ma lei è venuta a parlare con me e con tua mamma stamani, non hai visto?
– Sì, ma era già morta, papà. Ero con lei nel momento in cui è morta, ma non volevo che sapesse. Non le ho detto nulla. Gliel’ho detto solo più tardi.
– Che disgrazia.
– Vado a vedere come sta la mamma.
– La mia bambina. Era così bella, così buona...
– È finita, papà. Sono andati. Vedi? È tutto finito. Non c’è più nessuno. Ora vieni.
Julio Monteiro Martins