15-04-2014
Il saluto è un retaggio di quel complesso di cavalleria fatto di lealtà e di gentilezza di maniera, che pone in luce il carattere di nobiltà tradizionale del nostro sport
Questa c’era scritto nella sala d’armi del grande Maestro Livio di Rosa. Era uno scantinato dove fiorivano i campioni. Si vede che, oltre alla sapienza tecnica, si riusciva ad insegnare qualcos’altro.
Ancora oggi l’incontro inizia con il saluto: all’avversario, al giudice, al pubblico ( che il più delle volte non c’è). Alla fine dell’assalto si stringe la mano all’avversario. Le regole del duello sportivo sono, come scrive Alvi ne La vanità della spada”, “ il riscatto dell’omicidio”.
E questo rituale implica rispetto per l’avversario, impegno alla lealtà, riconoscimento dell’altro sia nella sconfitta che nella vittoria. Data la mano, l’assalto è davvero finito, e , vivi o morti, (sportivamente parlando), si volta pagina, si resuscita.
Recentemente è stata introdotta nelle gare internazionali una sanzione pecuniaria salata per chi non stringe la mano all’avversario: giusto, ma sono tempi grami quelli in cui ci vuole la minaccia di una multa per far tenere un comportamento cavalleresco.
Ma la cavalleria ha ancora qualcosa a che vedere con il nostro sport ? Forse sì, ma come un fiume sotterraneo, un’ energia sottile e poco visibile. Noi, abbastanza spesso, accusiamo la stoccata; in quale altro sport questo accade di frequente?
Di certo nella scherma, specialmente di sciabola c‘è un che di istrionico, e si pensa sempre di avere ragione. Eppure si è anche capaci di dire “mia”. O di apprezzare una bella stoccata dell’avversario. Pare che alle olimpiadi di Anversa un belga non fosse riuscito a capire come Nedo Nadi lo aveva toccato. E lui si fermò per spiegargli l’azione.
La cavalleria danza con la morte, per fortuna solo simbolica. Quindi richiede coraggio: “il cuore sulla punta della spada” . E anche , sempre sulla spada : “ non ti fidar di me se il cuor ti manca.”
Quanti ne abbiamo visti campioni in sala o durante la lezione, paralizzati dalla paura in gara.
Altro aspetto che richiama la cavalleria è il gusto del bello : le armature medievali erano splendide, oltre che necessariamente forti.
C’è qualcosa di elegante e profondo nella vestizione, nel bianco delle divise ( sì le altre mi piacciono meno), nella lucentezza dei metalli.
Il combattimento ci mette a confronto con noi stessi , prima che con l’altro.
E allora : “Saluto, maschera, in guardia, a Voi “
Andrea Bocconi