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Lettera aperta: Progetto Alice e terremoto

15-04-2014

Valentino Giacomin,  che ha fondato e dirige delle scuole in India ove si sperimenta il progetto Alice, ha mandato questa lettera aperta che contiene riflessioni che sembreranno provocatorie e per me sono puro buon senso. La lettera è indirizzata ad Agata, una monaca buddista che collabora con la scuola di Sarnath

Cara Agata,
mi fa piacere che Geshe-la organizzi una raccolta di fondi per i terremotati, ma permettimi di esprimere un giudizio senza censure: il peggior terremoto e' quello che colpisce la mente della gente. Quindi, noi del Progetto Alice avremmo dovuto essere sostenuti ... secoli fa, perche' stiamo aiutando non solo i terremotati psichici ma anche cercando di prevenire eventuali danni del sisma della mente causati da una educazione inappropriata. Abbiamo cercato di proporre un metodo educativo... antisismico, antistress, anti-neurotic mind, ma pochi l'hanno capito. Mi sento come quel povero tecnico dell’Aquila che da settimane andava urlando ai politici e responsabili del Governo locale e centrale che, secondo i suoi calcoli, un terremoto devastante stava per colpire la zona, ma nessuno lo prese sul serio, anzi lo denunciarono "per procurato allarme".

Una considerazione: che senso ha ricostruire le citta' secondo i vecchi parametri che erano caratterizzati dall'egoismo e da una visione della vita che si e’ rivelata fallimentare se non catastrofica? Che senso ha aiutare le persone a ricostruire le lore "villette" secondo un modello socio-culturale proprio del pensiero materialista ed egoista dell’era industriale e post-industriale, responsabile del “global warming” , della distruzione di Madre Terra e della scomparsa del Sacro?
Non so se mi capisci.
Il terremoto puo’ essere un'occasione di verifica dei modelli di vita, di costruzione, di aggregazione sociale, di villaggio, di una visione del mondo. Capirei sei soldi venissero donati per la costruzione di scuole diverse, magari con un gabinetto in meno, ma un'aula di meditazione in piu'.
Capisci?
Nel momento del lutto e del pianto, a che cosa sono servite le migliaia di ore passate dagli studenti a studiare matematica, storia, geografia, scienze e sciocchezze del genere?
L'unica consolazione, da quanto ho letto, e' venuta dalle tende costruite dai frati di San Francesco, che hanno portato il sorriso e la speranza della loro fede a quella gente che aveva perso tutto.
Ecco, dov'erano i professori e i maestri con tutto il loro sapere, la loro arroganza e saccenza, i loro voti?
Non servivano. Avevano ben poco da offrire senza i loro libri e le cattedre. La scuola che prepara per la vita? Che espressione patetica! Quanti hanno usato i logaritmi nel momento del dolore?
Servono valori diversi nei momenti di crisi: pace, serenita', solidarieta', gentilezza, altruismo, distacco, rinuncia... Tutte materie lontane anni luce dai nostri programmi ministeriali. E allora, mi domando, vale la pena ri-costruire scuole cosi' inutili che nel momento del bisogno non hanno nulla da offrire? Quello che voglio dire e' che la ricostruzione ha un senso se segue un modello diverso rispetto a quello seguito finora. Il nuovo paradigma educativo appunto. Ripeto: un gabinetto di meno, ma un'aula dui meditazione in piu'. E se si dovesse scegliere tra i due, sceglierei decisamente lo spazio di meditazione, perche’ i bisogni spirituali sono di gran lunga piu’ importanti di quelli… fisiologici. (In India nessuno ha problemi con i gabinetti.) Solo se la ricostruzione sara’ ispirata da un “punto di vista” piu’ elevato rispetto a quello scelto dai geometri e dagli ingegneri responsabili delle mappe delle vecchie costruzioni distrutte vale la pena “aiutare la ricostruzione”. Altrimenti, saremo corresponsabili di un ennesimo delitto contro Madre Terra e l’umanita’. Rifare, ripetere gli errori del passato e' stupidita’, colpevole complicita’ con le forze che remano contro l’evoluzione della Coscienza.
Il terremoto ha distrutto un modo di vita, un modello che si e' rivelato perdente. In tutto il mondo questo modello di sviluppo e di vita e' in crisi.
Lo ricostruiremo all'Aquila anche grazie alla raccolta fondi di Geshe - la?
Mi permetto di ssere cosi' radicale perche', come sai, anche noi siamo stati terremotati. La nostra sponsor ha tagliato il bonifico annuale a causa del terremoto della banche mondiali e delle borse. Ha perso quasi tutto, a quanto pare. Ma il nostro terremoto non fa notizia perche' non ha sollevato polvere e non ci sono rovine che si possono vedere. Le rovine sono sottili: i chakma rimandati a casa, il gruppo dei Mompa che non potra' piu' tornare... Non sono anche loro terremotati? Non meriterebbero anche loro una "raccolta fondi"? Scusa la franchezza, ma e' tempo di parlare chiaro. Non ce l'ho con nessuno in particolare, ovviamente. Tanto meno con Geshe-la, che adoro, ma vorrei che prevalesse la ragione anche nei momenti in cui le emozioni sono forti, perche' attivate dalla visione di bare, morti, distruzione. Se proprio vogliamo aiutare i terremotati dell'Aquila, aiutate ANCHE il Progetto Alice a sopravvivere, anzi aiutate i nostri studenti a venire in Italia e vivere con i ragazzi/zze sotto le tende per insegnare alle vittime del terremoto fisico il modo per neutralizzare quello emotivo, mentale, psicologico. Aiutateci a costruire una scuola di Alice nelle tende, tra gli sfollati. Perche’ no? Non chiediamo stipendi. Non chiediamo onorari. I nostri studenti conducono una vita semplice, cheap. Potrebbero aiutare i loro coetanei italiani a sopportare i disagi dell’impermanenza, magari scoprendone i vantaggi, rispetto all’artificiosita’ dello stile di vita precedente (ante-terremoto). La vita semplice nelle tende e’ un modello che puo’ anche essere preso come possibile “stile di vita”. Perche’ no? O la vita e’ impossibile senza i comfort delle nostre case con mille cose inutili (e costose)! Gli studenti di Alice possono testimoniare che e’ possibile vivere felici in modo diverso. Un modo sobrio, semplice, senza discoteca, senza telefonino, senza le scarpe firmate, senza … Senza il superfluo! La vita nelle tende insegna che il superfluo nella nostra vita e’ di gran lunga maggiore di quanto si immagini. Potremmo rinunciare a quel superfluo per permettere anche ad altri – nel mondo – di mangiare almeno una volta al giorno. Grazie alla rinuncia del nostro superfluo!
Mi fermo qui.
Avrei potuto usare un linguaggio piu' moderato, piu' diplomatico, ma ne vale la pena? Non credi che sia arrivato il tempo della chiarezza, di dire francamente le cose come stanno? Diciamo no alla “ricostruzione” secondo un modello socio-educativo che ha prodotto solo disastri! Quale altro modello? Un modello fondato sul nuovo paradigma sperimentato per 30 anni nelle scuole di Alice, ad esempio. Un paradigma fondato, prima di tutto, sul valore della Saggezza (corretta visione dei fenomeni!) e poi della solidarieta’, dell’amore, della cooperazione, della condivisione e della rinuncia. Rinuncia? Si’, il contrario dell’attaccamento, del desiderio e della greediness, per permettere - come dicevo sopra - a tutti di sopravvivere, con-dividendo equamente le risorse di Madre Terra, ispirandoci a nuovi (e antichi) modelli di sviluppo e di vita: San Francesco, Milarepa, i saggi Cherokee, Chief Seattle, Ramakrishna, Madre Teresa, Vivekananda, Gandhi...
Per tutto quello che ho scritto sopra, per evitare che il Progetto Alice scompaia nel polverone della crisi mondiale, chiediamo- un po’ provocatoriamente - di essere inseriti tra le vittime del terremoto e, quindi, di usufruire dei “vantaggi” di questo status di vittime.
Scusa se ho ferito qualcuno, ma non era mia intenzione.
Love
Valentino

Valentino Giacomin


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