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Perdere la faccia

15-04-2014

Perdere la faccia, rifarsi la faccia.

I due ragazzi in treno avevano la faccia stanca: sotto il cerone spuntava la barba. Parlavano ad alta voce ostentando la loro vita da travestiti: uno aveva dei vistosi cerotti. Tornavano da una clinica dove l'incerottato si era operato al mento e commentavano i sodi spesi nei vari rifacimenti (o facimenti) in due anni.
"Tra seno, labbra, palpebre e tutto il resto ho speso almeno diecimila euro. Per non parlare del dentista. Poi magari uno mi tira una mattonata in faccia e tutti 'sti soldi li ho spesi per niente."
Una maniera letterale di perdere la faccia.
Il rifiuto dell'identità psicosessuale toccata loro in sorte si compiva in una migrazione verso l'altro sesso mai terminata, mai soddisfatta pienamente. La ferita narcisistica profonda si cercava di risarcirla in superficie, epidermicamente, in senso letterale. Non ci si piace fuori perchè non ci si piace dentro. Ovviamente non si parla di volti e corpi rovinati da traumi e malattie. Si parla dei processi fisiologici legati all'invecchiamento. Qualcuno ha detto che a cinquanta anni ciascuno ha la faccia che si merita: c'è chi pensa di poter bluffare.
Come psicologo mi preoccupo. In questo caso più per noi che per Lui. Quando D'Alema disse che temeva di vedere Berlusconi con lo scolapasta in testa, forse non fu troppo tecnico, ma individuò il rischio di scompenso dei grandi narcisisti che arrivano a dire: "vincerò anche la Coppa dei Campioni, perchè io vinco sempre. Sono condannato a vincere."
L'ultima frase è molto più rivelatrice di quanto il Cavaliere vorrebbe.
In un ipotetico paniere costruito per rilevare l'indice patologico di una società, metterei senz'altro anche la chirurgia estetica non riparativa, con l'alcolismo, la microcriminalità, la violenza da stadio, l'ossessione per il fitness da palestra e l'incremento dei reati finanziari, possibilmente depenalizzati. Un discorso a parte meriterebbe l'aumento continuo della spesa per gli psicofarmaci, prescritti più a lungo, a pazienti sempre più giovani e per sempre più sindromi: ventisette milioni di confezioni di antidepressivi venduti in un anno: quante scatole per nucleo familiare?
In senso figurato "perdere la faccia", dice lo Zingarelli, significa "disonorarsi ".
E' subire un'offesa grave che lascia un'io ferito, un'identità incrinata, che farà reagire con la rabbia e con la depressione profonda. Questo è il dramma del malinteso senso dell'onore: il delitto d'onore ne era un barbaro esempio.
Qua si parla invece di conservare la propria dignità.
Oggi non si dice quasi mai: "voglio difendere il mio onore", ma piuttosto "lei ha sciupato la mia immagine." Apparenza, appunto.
Nello splendido Dizionario dei sinonimi della lingua italiana (VI edizione, pag. 737) Niccolo Tommaseo scrive "onore riguarda le cose essenziali; decoro le estrinseche. Conviene talvolta trascurare nelle cose meno importanti, il decoro; non mai l'onore. Molti scambiano il decoro con l'onore, e per conservare quello diventano infami.
- C'è chi per l'onore sprezza la gloria e gli onori; v'è chi per questi e per quella calpesta l'onore..."
Naturalmente qua, come dice Tommaseo si parla delle cose essenziali, cioè vicine alla nostra essenza, non di codici barbarici che vendicano in nome di un falso senso dell'onore solo un affronto che "fa perdere la faccia".
Onore e dignità sono parole dure a morire; dopo tutto: non è un caso che il colossal del momento, L'ultimo samurai, racconti la storia di un ufficiale, Tom Cruise, che sente di averlo perso facendo una strage di indiani e fa di tutto per recuperarlo, aderendo al bushido, il codice di onore, e quindi di condotta di vita, dei samurai. Quando Mishima fece il suo tragico seppuku televisivo, il suo gesto disse più cose sulla crisi esistenziale del Giappone che sulla sua personale psicopatologia. E la reazione del paese fu profonda.
Sono almeno tre i film attualmente in circolazione che trattano il tema dell'onore (tra cui uno di Kitano). L'America di Bush si interroga sulle sue stragi, gli indiani di ieri sono gli iracheni di oggi.
Il samurai invece può combattere solo combattimenti degni, ne va del suo onore.
Questo è connesso al senso della propria dignità: Enrico De Nicola se torna a casa in autobus, quando non è più Presidente della Repubblica. Non vuole approfittare dell'auto di Stato, che ritiene non gli spetti più. Un conflitto di interessi, per lui.
Il lifting consigliato dalla moglie o presentato come un sacrificio che l'uomo pubblico fa per i suoi elettori è piuttosto inquietante: ve lo immaginate il tanto citato De Gasperi che si stira le rughe del collo? O De Gaulle che si rifà un bel nasino alla francese. D'altronde l'ex presidente della camera Irene Pivetti, al tempo maestrina vagamente sado, si trasforma senza complessi nella conduttrice di un programma televisivo, Bisturi, in cui si vedono operazioni in diretta: naturalmente per migliorare la propria immagine. Anche lei nel paniere della patologia sociale.
Presidente, su una cosa siamo d'accordo: lei in fondo non si piace, e non piace neppure a noi. Ma ci vuole altro che un lifting.


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