15-04-2014
Ancora una volta vi ringrazio di essere qui, malgrado il gran caldo; anche questo clima può essere salutare per qualcuno e comunque, rispetto ad altre condizioni nel mondo, non è un gran problema, è in ogni caso una buona occasione per attuare la nostra pratica di Dharma.
Poiché io sono un praticante di Dharma piuttosto modesto penso di aver bisogno delle difficoltà e se mi mancano mi pare di non aver nulla da fare. Com’è possibile praticare il Dharma quando va tutto bene? Invece, di fronte alle difficoltà, si ha l’opportunità di verificare immediatamente la qualità della propria pratica, perché il Dharma rende più intelligenti e di conseguenza abili nell’affrontare, gestire e risolvere i problemi.
In occidente la vera difficoltà alla pratica del Dharma è una vita troppo comoda in cui le persone si crogiolano, perdendo ogni memoria e consapevolezza della necessità del Dharma.
Ma l’esistenza è comunque soggetta a disagi e chiunque, prima o poi, deve confrontarsi con la sofferenza, e in quel momento la sonnolenza maturata nelle comodità fa apparire il più insignificante ostacolo come enorme. Nel Dharma invece ogni problema, anche il più greve, è in realtà minimo.
A livello pratico, di utilità immediata, il senso del Dharma si manifesta riducendo ad una piccolezza anche il guaio peggiore. In questo modo, addestrandosi nella pratica del Dharma, ci si libera dalla sofferenza e ogni scoglio, anche quello apparentemente insormontabile, si fa semplice, facilmente risolvibile, i problemi diventano non problemi, anzi qualche problema può rivelarsi una qualità.
Questo è il significato tangibile della pratica del Dharma:
1. la prima qualità è la capacità di ridurre i problemi, anche i più gravosi, ad un piccolezza;
2. la seconda è la liberazione dai problemi;
3. la terza è la scoperta che il problema si trasforma in alleato, in vero amico spirituale.
Dobbiamo sempre tenere a mente questi tre importanti effetti dell’utilizzo concreto del Dharma nella nostra esistenza.
Il praticante che prescindesse dall’utilità concreta della pratica del Dharma sarebbe solo un sognatore del nirvāna, del paradiso, della terre pure e dell’illuminazione.
Il vero praticante deve saper trasferire il Dharma concretamente nel quotidiano, affrontare ogni ostacolo, riconoscerne l’esiguità, superarlo nella libertà e infine trasformarlo in alleato.
I praticanti di Dharma di livello basso hanno la capacità di rendere piccole le difficoltà più grandi;
I praticanti di Dharma di livello intermedio hanno la capacità di superare i problemi trasformandoli in non-problemi;
I praticanti di Dharma di livello elevato hanno la capacità di considerare i problemi come amici da accogliere con sincera gioia, perché rappresentano un insostituibile alleato per la crescita spirituale.
La classificazione dei tre benefici della pratica consente di analizzare, valutare, riconoscere, lo stadio effettivo in cui si è.
I problemi non sono annullati dalla pratica del Dharma, perché sono parte intrinseca del samsāra che, altrimenti, non sarebbe samsāra, ma è il modo di affrontarli che determina la sostanziale differenza realizzabile nella pratica spirituale e nell’esistenza.
Il samsāra è confusione e sofferenza, quotidianamente, ma attraverso i tre aspetti della pratica del Dharma è possibile affrontare ogni ostacolo riducendolo, superandolo e accogliendolo come un caro amico che offre un prezioso aiuto nel cammino spirituale.
Quest’ultimo punto è particolarmente importante perché, finché non saremo in grado di concepire le difficoltà come amici, non riusciremo mai a liberarci dalla sofferenza. Non si tratta di eliminare o combattere gli ostacoli, ma di trasformare radicalmente noi stessi e i problemi.
Riflettevo questa mattina sulla guerra in Irak che da tre anni sta distruggendo la popolazione; la tragedia maggiore è il dissidio interno, l’incapacità di trovare un’intesa per formare un nuovo governo. Se i diversi gruppi etnici e religiosi del paese giungessero ad un accordo qualsiasi situazione indotta dall’esterno si risolverebbe facilmente, ne sarebbe per forza trasformata. L’impedimento più pesante è la contrapposizione tra le diverse visioni religiose, sciiti e sunniti, e dall’esterno si approfitta di questa divisione, nessuno sta realmente cercando di favorire la loro integrazione, eppure, se non si risolve questo nodo centrale, non si potrà mai costruire un governo democratico e i vecchi problemi aumenteranno inevitabilmente; è terribile vedere come queste persone invece di allearsi si ammazzino e si torturino vicendevolmente.
Che cos’è la pratica del Dharma? Non è certamente soltanto stare seduti, calmare la mente, essere concentrati e tranquilli e dimenticare tutti i problemi e i pensieri, perché se anche rimanessimo in questa pace per un lungo periodo ci ritroveremmo immediatamente dopo ancora più tesi di prima. A volte si possono osservare persone in meditazione che appaiono come rocce, strutture rigide prive di flessibilità, ma, terminata la sessione meditativa, riprendono le normali attività con agitazione, nervosismo, in una totale chiusura mentale.
La pratica di Dharma, la meditazione, dovrebbe aprire la mente, non restringerla, la felicità scaturisce da una mente flessibile, aperta, non da una mente rigida e serrata.
La meditazione non serve a formare la mente, ma a trasformarla, la differenza è sostanziale.
Il Bodhicaryāvatāra, una delle più grandi opere, è un immenso aiuto per trasformare la mente; il senso profondo del testo, così dettagliato, è perfettamente sintetizzato negli “Otto Versi di Trasformazione della Mente” e, meditando su di essi, meditiamo sull’intero Bodhicaryāvatāra.
Leggiamo dunque “Otto Versi di Trasformazione della Mente” con una motivazione profondamente altruistica, non con l’ambizione di diventare dei Bodhisattva, degli Arhat o dei Buddha, sarebbe un grossolano errore, ma con il sincero desiderio della gioia, della felicità, per tutti gli esseri senzienti, dobbiamo sviluppare l’umiltà.
In Tibet un famoso maestro kadampa disse: “l’essenza della bodhicitta contenuta negli Otto Versi di Trasformazione della Mente è tutto il Dharma”. Riferendosi a se stesso aggiungeva: “io sono una singola persona e ho un singolo bodhicitta e un singolo Dharma, ma questo Dharma è utile per tutta la realtà”.
E’ dunque meglio dimenticare i vari rituali, le cerimonie, le manifestazioni esteriori più complicate, perché ciò che ci serve è il singolo bodhicitta in grado di soddisfare ogni nostro desiderio.
Qualsiasi situazione difficile dobbiamo affrontare riflettiamo sugli Otto Versi perché in essi c’è la bodhicitta, l’essenza del Dharma, non occorre altro, non esiste un Dharma al di fuori di quello da praticare.
In alcune forme di pratica del buddismo pare di essere di fronte agli scaffali di una farmacia in cui sono ben allineati rimedi per ogni patologia, c’è un rituale specifico per ogni tipo di problema con relative istruzioni per l’uso, un vero supermercato.
Ma la pratica del Dharma non ha nulla a che fare con questo marketing totalmente inventato da noi.
Io vedo moltiplicarsi in occidente situazioni veramente bizzarre: centri di medicina tibetana, rituali ripetuti indipendentemente dalla comprensione del loro significato, Lama che fanno divinazioni, previsioni astrologiche, spettacoli di danza, ma in Tibet questo folclore commerciale non c’è mai stato.
L’autentica pratica del Dharma è tutt’altra cosa.
Anche i paesi asiatici più sviluppati, come Singapore, Taiwan, Giappone, hanno copiato il modello occidentale spacciando per buddhismo ciò che è solo spettacolo, fanno rituali pieni di colori, appariscenti e di notevole impatto, ma ai fini del Dharma è tutto assolutamente inutile, si va a teatro e basta.
In Tibet i più famosi praticanti erano i maestri kadampa, persone semplicissime e poverissime, che applicavano esclusivamente la bodhicitta.
In qualsiasi circostanza della vita, dormendo, lavorando, mangiando, passeggiando, sempre dobbiamo rammentare la bodhicitta, non solo quando siamo in una condizione di sofferenza, ma anche quando siamo felici, perché in quel momento la bodhicitta può rendere la gioia ancor più soddisfacente e significativa.
Tutti dovremmo partire dalla bodhicitta e poi, individualmente, cercare il cammino a noi più confacente per attuarla. Queste sono le fondamenta, perché in una società così confusa e piena di problemi non c’è nulla che sia effettivamente utile, nessuna meditazione o pratica, se non la bodhicitta. Al di fuori della bodhicitta ogni pratica è vana.
Rileggiamo ancora una volta il primo capitolo del Bodhicaryāvatāra che illustra i benefici della bodhicitta, passatevi il libro e leggete tre versi ciascuno. (pag. 2)
Molto bene, grazie, è un buon metodo, ognuno ripete qualche riga e insieme si completa il testo e se ne approfondisce il significato.
In particolare ora riprendiamo i versi 18 e 19:
18. Dal momento in cui assume quella mente per liberare l’illimitato regno degli esseri, con una decisione che non può essere revocata,
19. Da quel momento in poi, benché possa assopirsi o distrarsi molte volte, ininterrotti flussi di merito si riversano continuamente simili al cielo in fiamme.
Nei versi precedenti, 15, 16 e 17 sono specificati i due tipi di bodhicitta, dell’aspirazione e dell’impegno, e ora Sāntideva spiega i benefici che ne derivano, che consistono nella generazione della mente.
La nostra mente a livello ordinario è ferma, non ha nessun tipo di crescita, senza bodhicitta è come la mente di un bambino. Soltanto nella bodhicitta la mente si sviluppa.
La mente di un bambino focalizza l’attenzione su di sé e sulle poche cose che lo riguardano direttamente, il cibo e qualche giocattolo, ma applicando la bodhicitta la mente cresce, espande la visione della realtà nell’altruismo, non pensa più di essere al centro dell’universo, bensì in un insieme pieno di altri esseri. Nel verso 18 si descrive come generare questa mente:
18 Dal momento in cui assume quella mente per liberare l’illimitato regno degli esseri, con una decisione che non può essere revocata,
Come sviluppare la bodhicitta? Prendendo una decisione irrevocabile, senza tentennamenti. E’ una decisione che ha una durata infinita, non limitata a questa sola esistenza.
Una persona può prendere tutti i voti e i precetti di laico o di monaco, che però hanno un termine, possono durare sino alla morte, ma sono relativi a questa vita, invece la bodhicitta è per sempre.
La bodhicitta si sviluppa con una decisione irrevocabile: “da questo momento non penso più a me stesso, ma agli altri”, questa è la vera attitudine alla democrazia, non certamente quella che paesi potenti pretenderebbero di imporre altrove per difendere esclusivamente i propri interessi.
L’attitudine alla democrazia è altruismo, dedicarsi agli interessi della maggioranza, non in modo artificioso, costruito, ma spontaneo, naturale. E’ l’intenzione suprema che possa esistere nell’universo, è la qualità più grande che la mente umana può sviluppare ed è ciò che porta al massimo livello, gioia, tranquillità e pace.
Il Buddha è così speciale a causa della bodhicitta e non perché fa i miracoli. La bodhicitta può risolvere qualsiasi problema.
Non è facile prendere questa decisione irrevocabile, ma siamo aiutati dall’osservazione della nostra stessa esistenza in cui abbiamo sempre pensato solo a noi, al nostro interesse, senza sfuggire affatto alle sofferenze, anzi alimentandole. Abbiamo la prova evidente che questo atteggiamento non è stato di beneficio né a noi stessi né agli altri ed è dunque ovvia la necessità di recidere radicalmente l’attitudine egoistica e di dedicarsi agli altri esseri. Usciamo definitivamente dall’ atteggiamento sterile di “me… me… me…” ed entriamo nel mondo di “altri… altri… altri…”, questo è scambiare la sofferenza con la felicità. La sofferenza è pensare a me, la felicità è pensare agli altri.
E’ chiaro? È facile da praticare o difficile? Non costa nulla è completamente gratis, un meraviglioso dono dell’universo. La bodhicitta non può essere comperata in nessun negozio, non occorre alcuna autorizzazione, necessita solo della propria decisione.
Per diventare Lama o Vescovo è necessario il riconoscimento di autorità superiori che imprimano il timbro ufficiale, ma per diventare Bodhisattva non occorre nessuna concessione, nessun certificato, è il bene più prezioso, a completa disposizione, è spontaneo, un immenso valore spirituale, e allora perché non approfittarne immediatamente?
La nostra mente è veramente strana, andiamo in Via Condotti a guardare le vetrine cariche di oggetti costosissimi che desidereremmo possedere pur non avendo le necessarie disponibilità economiche e nella nostra dispersione mentale pensiamo che, dato il prezzo, valgano moltissimo. Le persone importanti arrivano su auto di lusso con tanto di scorta e i venditori di affrettano a spalancare le porte; comprano un gioiello, un abito costosissimo, ma alla fine cos’hanno? Nulla, anzi cominciano immediatamente a preoccuparsi di poter essere derubati, o di romperlo, o che si rovini e l’attaccamento nei confronti di questo presunto valore cresce a dismisura e assorbe tutta l’attenzione, è un atteggiamento totalmente infantile e sterile, veramente sciocco.
La bodhicitta invece è il valore supremo in grado di toglierci tutte le sofferenze, le difficoltà e noi, ciechi, non lo prendiamo, nemmeno ne conosciamo l’esistenza, non vediamo che è a portata di mano, immediatamente disponibile e gratuito, e preferiamo cercare un guru che magicamente ci liberi dai problemi, senza sapere che lo stesso guru probabilmente ne ha più di noi.
Questa è mancanza di spiritualità; la spiritualità è il principio di equanimità verso tutti gli esseri e tutte le cose.
Le persone pensano di cancellare il dolore dell’esistenza chiedendo miracoli a Tara o alla Madonna, ma è solo un’ulteriore illusione.
La soluzione alla sofferenza è in noi stessi. Preghiamo Tara, ma in realtà preghiamo la bodhicitta di Tara, è la bodhicitta che ha creato Tara e non il contrario. Preghiamo il Buddha, ma non è il Buddha che ha creato la bodhicitta, confezionata per bene, pronta ad essere distribuita, è la bodhicitta che ha creato il Buddha.
Dobbiamo riflettere a lungo su questo, perché pensare che le divinità creino la bodhicitta e poi lo distribuiscano alle persone è un pericoloso fraintendimento. La soluzione può realizzarsi solamente in noi, dobbiamo prendere la decisione irrevocabile di troncare l’abituale attitudine egoistica, causa di sofferenza, di insoddisfazione e di difficoltà di ogni genere per dedicarci completamente, gioiosamente e irrevocabilmente agli altri. E’ la scelta più giusta e proficua della vita, di questo tratta il Bodhicaryāvatāra e, nello specifico, al verso 19:
19.Da quel momento in poi, benché possa assopirsi o distrarsi molte volte, ininterrotti flussi di merito si riversano continuamente simili al cielo in fiamme.
Dall’istante in cui abbiamo assunto la decisione irrevocabile della bodhicitta, i meriti che ne conseguono continuano ad aumentare, indipendentemente da ciò che stiamo facendo, anche quando dormiamo o abbiamo pensieri non positivi.
E’ importantissimo essere consapevoli dell’inestimabile valore di questa decisione, e comprendere che, per quanto sia benefica ogni pratica e la meditazione, nulla ha l’efficacia e la potenza della bodhicitta. E’ un investimento formidabile, persino nel sonno o addirittura nell’errore, il capitale aumenta, l’importante è ricordarla ininterrottamente e, in ogni caso, non si deve temere di incorrere in terroristiche visioni di possibili inferni se la si dimentica, si può sempre ritornare ad essa e gli effetti saranno di incredibile potenza.
La pratica della bodhicitta non è fondata sulla paura, ma sulla comprensione, è una ricerca. Nel mondo moderno si fanno tantissime ricerche ma noi dobbiamo farne una sola, la bodhicitta, siamo praticanti di Dharma e dunque ricercatori spirituali della bodhicitta.
20.E’ ciò che il Tathāgata stesso ha spiegato con prove nelle Domande di Subāhu, a vantaggio degli esseri disposti verso il cammino inferiore.
Anche questo concetto è basilare, perché noi spesso ci limitiamo a pratiche di Dharma superficiali, appariscenti e gratificanti, che però incidono poco sulla nostra mente, ma è importante che comprendiamo la necessità di diminuire questo tipo di approccio dedicandoci maggiormente alla bodhicitta.
In occidente avete incrementato notevolmente qualità come intelligenza, coraggio, cultura, istruzione, ma non avete sviluppato per niente la bodhicitta e adesso è necessario dedicarsi a questo con naturalezza e decisione gioiosa.
L’antidoto naturale allo stress e alla depressione, che bloccano la crescita umana e che sono così diffusi nei paesi sviluppati, è la bodhicitta.
Concludiamo con la preghiera di dedica.
Lama Geshe Gedun