Isola di Kere

 

Faro di Punta Sophia Psuke Baia della Vera Finzione Rocca Grotta della Memoria

I viaggi dello spirito

14-04-2014

Un mezzogiorno torrido dell'ultima estate: sulla statale 71, tra Arezzo e Cortona: all'altezza del centro commerciale di Olmo c'è un camion che occupa tutta la piazzola. Accanto al camion è inginocchiato l'autista, che ha steso un tappetino sull'asfalto e prega. Rallento per vedere meglio, poi mi sento indiscreto e accelero, ma lo porto con me. Quell'uomo viaggia, quell'uomo prega: ogni volta per lui è (anche) un viaggio dello spirito. Non ha bisogno di un luogo dello spirito, perchè lo porta con se, non lo dimentica. Però, penso, essendo musulmano, avrà fatto anche il pellegrinaggio alla Mecca, o magari starà mettendo da parte i soldi per farlo, ottemperando a uno dei cinque pilastri della fede islamica Quindi è vero che l'esperienza spirituale è anzitutto interiore, ma vi sono situazioni che la rendono più facile.

Alcuni paesi, alcuni luoghi, sembrano più adatti per questo tipo di viaggio, sono più "specializzati" nel campo della spiritualità. Non è la stessa cosa andare a Las Vegas o sui monti del Casentino che hanno visto camminare Francesco D'Assisi. Lo spirito sembra star bene in montagna, ma non disdegna le città sacre, e di certo ama il deserto. I luoghi hanno una storia che diventa la loro peculiare atmosfera. Le chiese si sovrappongono a templi pagani, e chissà cosa ci si costruirà tra mille anni. Si ascolta il silenzio e la forza dei paesi dove la ricerca interiore ha radici profonde e terreni favorevoli.
Molti cercano in Asia, altri,magari per aver letto i libri di Castaneda, sono andati in Sudamerica su piste sciamaniche, fino ad addentrarsi in Amazzonia cercando la saggezza delle piante.
E' la rivincita del pellegrinaggi, ogni comune rivendica il passaggio della via francigena, i monasteri abbandonati vengono trasformati in alberghi di lusso e, sotto mentite spoglie, continuano ad attrarre persone che cercano qualcosa di diverso da quello che credono. Le persone pigliano le ferie per partecipare a ritiri di meditazione delle più diverse tradizioni. Non manca un aspetto consumistico, per cui si passa dagli sciamani siberiani ai monaci buddisti con la stessa attitudine per cui non si tornerebbe due anni di seguito nello stesso paese perchè (crediamo) lo abbiamo già visto. E' l'illuminazione "tutto compreso": complesse pratiche iniziatiche vengono semplificate e stravolte per un più facile consumo, che non dà niente.
I deserti africani continuano a richiamarci, anche se si va col fuoristrada e non a piedi, come gli anacoreti. Saint Exupery ha scritto una volta: "io valgo nel deserto quello che valgono le mie divinità". Il pellegrinaggio tradizionale si è ibridato con il turismo. I luoghi dello spirito sono vicini talvolta alle discoteca. Penso all'isola più turistica del mondo, Bali, reclamizzata come "l'isola degli dei": i turisti partono dalle spiagge (brutte) di Kuta e Legyan per seguire i Balinesi sulle pendici del vulcano sacro, l'Agung. Più o meno goffamente vestiti "da cerimonia" si recano a Besakhit dove la lava di una catastrofica eruzione si fermò alle soglie del tempio non prima di avere distrutto l'arco trionfale che Sukarno si era fatto costruire, dopo aver spostato a suo comodo una cerimonia che si tiene ogni cento anni. I sacerdoti non se ne erano andati e, nonostante il pericolo, erano rimasti a pregare in quello che è il tempio più sacro dell'isola. Sukarno fu destituito poco dopo.
Per i Balinesi la questione è semplice, vi sono cose che si vedono e cose che non si vedono, sekala e niskala, ma sono sempre presenti, l'una accano all'altra. Basta esercitare la sensibilità e gli dei ci parleranno ancora.
E così dopo molti secoli il cammino di Santiago ritrova i suoi pellegrini (ma li ha mai persi?), le parrocchie organizzano timbri e posti tappa per i gruppi organizzati, ci si potrà incontrare Romano Prodi in bicicletta o Shirley Mac Laine. Per fortuna che tanti vanno da soli e, quando arriveranno a firmare il famoso libro alla cattedrale, alla domanda "perchè hai fatto il cammino?" risponderanno: "non so".
I luoghi dove da sempre l'umanità si raccoglie in se stessa richiamano nuove folle, meno irregimentate e forse anche consapevoli del perchè sono lì, come i due milioni di ragazzi di Tor Vergata, i Papa Boys. Come mai oggi non si trova un posto nelle foresterie dei monasteri se non ci si prenota con mesi di anticipo?
Vi è poi una forma di pellegrinaggio senza religioni: i sentieri di montagna si riempiono di viandanti che vogliono solo silenzio e bellezza. Ci si fa curare l'anima dalla bellezza.
La Piana del Castelluccio vicino a Norcia si riempie di fiori ogni anno, Zeffirelli ci girò scene di "Fratello sole e sorella luna". I Monti Sibillini sono pieni di segreti e la gente si avventura verso l'antro della Sibilla, curiosi, negromanti e studiosi dei peculiari fenomeni magnetici della zona.

Il mio luogo dell'anima non è certo originale: è l'India. I primi viaggi negli anni settanta significavano: l'avventura, finalmente qualcosa del tutto diverso da casa, ma anche vita che non costava niente, esotismo. Non c'era neppure troppo bisogno di sostanze psichedeliche per espandere la coscienza, l'India è psichedelica di per sé.
I Beatles andavano a meditare a Rishikesh, la città dei saggi, dove Madre Ganga incontra la pianura e ci andammo anche noi. Ma ci spingevamo anche al sud, magari nel gran tempio di Madurai, ove ti porgevano vassoi di fuoco che sfioravi con le mani portandole alla fronte. Al contrario di altre religioni, induista non si può diventare, lo si può essere solo di nascita: un bel sollievo, una religione temporanea, da viaggio. Alcuni, quando le nevi si scioglievano, risalivano verso le sorgenti del Gange, si mescolavano ai pellegrini, visitavano le città sacre, che hanno spazio per tutti e non fanno entrare nessuno nell'ultima stanza del tempio.
Varanasi, detta anche Kashi, la luce, accoglie tutti: sui ghat, tra i sadhu, vidi anche qualcuno che una volta, tanto tempo fa', era stato un occidentale. Molti cercavano un guru troppo famoso a Poona, o qualcuno che i media non avessero ancora scoperto. Al mio primo viaggio fui ospite ad Amritsar dei Sikh assieme a pellegrini e mendicanti, in uno stanzone nel recinto del Tempio d'oro, il luogo più sacro della religione Sikh. Le guardie armate ci proteggevano. Anni dopo Indira Gandhi lo cannoneggierà, seminando l'odio che le costerà la vita. La religione coabitava con le peggiori nefandezze, quindi nessuna idealizzazione. L'avidità prosperava anche in India, "ma almeno", mi disse un mercante, "in fondo alla cassaforte noi teniamo un'immagine della dea Lakshmi e le accendiamo un incenso, per ringraziare".
Più a nord la catena dell'Himalaya, dove Shiva fuma i suoi chilom. Qua c'è la montagna sacra che Messner non avrebbe mai scalato, il Kailash: i pellegrini lo circumambulano, alcuni facendo continue prostrazioni, per tutto il percorso. I cinesi, con tipico pragmatismo, tollerano, purché si paghi. Sui picchi del Ladakh, sui passi del Tibet le bandiere di preghiera mosse dal vento mandano le loro benedizioni a chiunque ne verrà sfiorato. La mia guida mi portava di monastero in monastero, bevevamo il tè col burro rancido accolti con un sorriso pieno di compassione per la nostra ignoranza da grandi lama. Non capivo niente delle danze sacre delle maschere, mi guardavo d'intorno e vedevo altri occidentali che venivano a farsi sfiorare dal vento dell'anima. E "anima" non viene forse da anemos, vento in greco?
Il pellegrinaggio più affollato fu quello alla Kumbha Mela di Allahabad, la più grande festa religiosa del mondo: in un mese settanta milioni di pellegrini camminarono sulle rive polverose dove tre fiumi si incontrano, uno dei quali, Saraswati, scorre invisibile sotto gli altri due. I Naga Sadhu hanno il diritto di bagnarsi per primi nei giorni propizi, e lo difesero con il vigore dei guerrieri della fede. Scenografie da film di Bollywood ospitavano i guru più famosi, altri si contentavano di stand da fiera paesana, la musica andava avanti giorno e notte. Il campo di Vishnu Hindu Parishad era quello degli integralisti fanatici che avevano distrutto la moschea di Ayodya: si temevano attentati e l'esercito vigilava. Io dormivo lì, tra un paio di colonnelli venuti alla più grande delle feste induiste.
Anche il Nepal ha importanti luoghi sacri: c'è un lago dedicato a Shiva, dove in Agosto si riuniscono gli sciamani Tamang. Giorni di cammino sotto la pioggia torrenziale del monsone, ma quando si sentono i tamburi e gli sciamani arrivano danzando, ci si accorge del dono che si è ricevuto sulle rive del lago, oltre i quattromila metri. In poche ore si raduneranno diecimila persone, e non conterà il disagio del cammino o la gran fogna a cielo aperto che diventerà il prato, e non ci si vorrebbe cambiare con i ricchi nepalesi che arrivano l'ultimo giorno con l'elicottero.
No, nei viaggi dello spirito camminare è importante, non ci vuole troppa fretta, occorre tempo per ritrovarsi, che si vada dai Dogon del Mali, nelle riserve Navajo, all'Averna o dalle sciamane della Siberia.
A volte l'uomo sente il desiderio di mortificarsi, sensualità travestita da pentimento e contrizione: ecco allora i flagellanti di tanta cristianità, le tortura autoinflitte al Kataragama di Sri Lanka, i fachirismi. Mi sembrano un braccio di ferro con Dio: vediamo se ce la faccio, chi mai sarò più pio di me? Un po' di sacrificio però ci vuole: me lo dissero due operai della Piaggio che andavano da una mistica veggente, Natuzza di Paravati. Certo, avrebbero potuto prendere l'aereo, ma preferivano il viaggio lungo e scomodo del treno e delle corriere calabresi "sennò non sarebbe la stessa cosa".
Dove la natura è grande l'uomo scopre che sarà forse misura di tutte le cose, ma certo in proporzione a ciò che lo circonda è misura assai meno grande di quanto tende a credere.
E nel piacere di riscoprirlo si fa quello splendido pellegrinaggio un po' animista, un po' panteista, che chiamano trekking.
Forse basterebbe sollevare lo sguardo. Dante ha scritto "a non guardare il cielo si fa peccato", non ha detto "è un peccato non guardarlo". Ma che peccato è? Forse l'orgoglio di chi si dimentica delle giuste proporzioni. Lo spazio, più che conquistarlo, andrebbe forse solo tenuto presente, nelle nostre coscienze.
Tra gli dei antichi mi piace Ermes, che lascia tracce di sé nelle pietre dei crocicchi. Mi fa credere che, se Dio c'è, di certo viaggia.


replique montre replica horloges
저는 재정 건전성을 보여주기 위해 중고차 판매를 하고 있습니다. 고객들에게 신뢰를 주기 위해서죠. 그래서 고객들은 종종 명품 옷을 입고 다양한 명품 시계를 착용하는데, 물론 레플리카 시계 입니다.

© 2004 - 2018 Kere.it Questo sito è registrato a nome di Andrea Bocconi P.IVA 01699320519 Area riservata

Privacy e Cookies - Preferenze Cookie

replica uhren repliche orologi replica rolex replika klockor uhren replica orologi repliche klockor replika