08-11-2021
Sorseggio il mio tè. Mi diverte sentirmi straniera: al bar Striccoli di Altamura nessuno beve il tè.
Al tavolo di fianco al mio ci sono due ragazze adolescenti, alle prese con le prime sigarette. Le aspirano lentamente, con un certo orgoglio. “Non ci credo che ti ha detto così”, dice la più grande, passandosi una mano tra i riccioli mori.
“Lo giuro Robbè.”
L’altra insiste: “5000 euro so’ un sacco di soldi. Ma i suoi non sono contadini?”
“Sì, ma ci tengono.”
“Che vuol dire, pure i miei ci tengono, ma mica spendono tutto per il mio diciottesimo.”
“Pare che Ninetta fa pure il video del pre-diciottesimo.”
“Pre-diciottesimo?” ripeto a bassa voce mentre penso che agli adolescenti di oggi la situazione sia davvero sfuggita di mano.
Robbè scuote la testa con aria abbattuta, poi, come se niente fosse, si scatta un selfie mentre succhia la granita. “Senti,” prosegue con voce preoccupata: “ma quanti invitati fa Ninetta?”
“83. Però a scuola dicono che saranno 85, se vengono pure le sue cugine di Bari. Tu quanti ne hai?”
“Eh, io 70.”
“Ah. Ce l’hai almeno il dj?”
“Lo fa mio fratello”, risponde Roberta con un po’ di imbarazzo.
“Non va bene, Robbè, devi arrivare almeno a 80.”
“E chi invito?”
Le ragazze iniziano a guardarsi intorno; mi sento osservata.
“Ho un’idea!” dice la più giovane. “Vieni, ti aiuto io!” Non penseranno mica che…
“Signora!” Trasalisco. È il cameriere. “Che lo volete un pasticciotto? Qui li sappiamo fare bene eh.”
Nemmeno il tempo di rispondere che le due ragazze sono sparite, a reclutare nuovi invitati.
Il loro tavolino viene presto occupato da una coppia di anziani, vestiti di tutto punto.
Lui sorseggia un caffè, con sguardo triste. Lei scuote la testa, con aria severa.
“Che peccato! Che uomo in gamba!”
“Non esageriamo, che Mario era uno sciupa femmine”, esclama la moglie.
“Appunto”, risponde il marito e aggiunge: “proprio un uomo di successo”.
“Ma se aveva rovinato il negozio di famiglia transformandolo in un gastro… gastro…”
“Un g-a-s-t-r-o-b-a-r!” dice il marito scandendo le lettere con precisione.
“Ecco, quella cosa lì. Ma come gli era venuto in mente?”
“Rosa, ma hai presente quanti soldi si era fatto in questo modo? A 50 anni già non aveva più bisogno di lavorare.”
“Certo, e così perdeva tempo in chiacchiere e a correre dietro alle femmine non accompagnate. Anzi, pure a quelle maritate o peggio: a quelle divorziate con i figli”.
“Se ti riferisci a Lucia, guarda che quella sì che è una signora…”
“Ma che dici, se non sa nemmeno stendere i panni! Tutti disordinati li mette. Mica si fa così, bisogna essere capaci.”
“Dai, Rosa, che con quello che le è successo…”
“Le posso portare qualcos’altro?” Ci metto qualche secondo a capire che il cameriere sta parlando con me.
“No grazie, va bene così”, dico a bassa voce, mentre cerco di seguire la storia dei due signori. Eravamo a Lucia, che le sarà successo?
“Nemmeno una tetta della monaca? Le facciamo noi, sono fresche fresche…”
“Ma no!” Rispondo seccata. Un paio di clienti si girano a guardarmi. Il cameriere rimane di sasso. “Mi scusi, sì, me le porti pure!” Aggiungo subito, con un certo imbarazzo.
Il mio sguardo torna al tavolo dei vecchietti. Troppo tardi, stanno già percorrendo corso Federico II, mano nella mano.
“Stai calma”, dice una voce maschile.
Mi volto di colpo e vedo un uomo sui 45, con una lieve stempiatura sul lato sinistro della testa. Sta parlando al cellulare. Si sente una voce femminile provenire dall’apparecchio, dal tono isterico.
“Marina, amore mio, stai calma”, ripete l’uomo con voce rassicurante.
(Voce isterica di Marina al telefono).
L’uomo continua a bere il suo latte di mandorla con tranquillità e prosegue: “che problema c’è, ai matrimoni si guarda l’abito degli sposi, mica quello delle invitate.”
(Voce isterica al telefono).
“Scusa, ma mo’ perché dovrebbe essere colpa mia?”
(Voce isterica al telefono).
“Che c’entra? Ti ho solo detto che con il vestito blu stavi bene, che ne sapevo io che se lo metteva pure la figlia di zia Rosanna.”
(Voce isterica al telefono).
“Non si può andare a cambiare lei, che abita dietro la chiesa?”
(Voce isterica al telefono).
“Ah, lei è la parente più prossima… Eh va bene, allora torna a casa tu e cambiati.”
(Pianto al telefono).
“Mah sì che hai tempo, stai tranquilla”
(Voce suadente al telefono).
“In che senso ne devi comprare un altro?”
(Voce suadente al telefono).
“Ma quanto costa?”
“Sono 10 euro!”. Mi dice il cameriere che si è avvicinato al mio tavolo.
“Cosa?!?” Rispondiamo all’unisono io e l’uomo al telefono.
Eh, signorina vi siete mangiata 3 pasticciotti, 2 tette di monaca, poi c’è il tè caldo…
Sì, sì va bene, taglio corto io. Posso pagare con la carta?
Il cameriere mi fa un sorrisino. “Oggi non funziona…”
Mi alzo e vado alla cassa a pagare. Sento riecheggiare per la piazza: “Marina, ma sei pazza!”
Sorrido e mi incammino verso il mio bed & breakfast. Lungo la strada vedo Robbè e la sua amica, intente a reclutare nuovi invitati tra i ragazzini del paese. “Arriveranno a 90” penso tra me e me e già me li immagino tutti vestiti per la festa.